Gli italiani che usano integratori alimentari sono 32 milioni, un settore in crescita come rileva una recente indagine “La filiera italiana dell’integratore alimentare” condotta dal centro studi FederSalus con la collaborazione di Iqvia che ha coinvolto aziende associate e non (per un totale di 143 interviste). Le rilevazioni stimano un fatturato industriale 2018 delle aziende della filiera italiana pari a circa 3,7 miliardi di euro.

Il mercato italiano degli integratori alimentari è diventato il principale in Europa.

Gli integratori alimentari vengono assunti come alleati della nostra salute, là dove vi siano delle mancanze che non si riescono a sopperire solo tramite una dieta equilibrata.

Stanchezza e affaticamento, umore basso, insonnia, stress, cattiva digestione.. per ogni problema vi è un integratore specifico. Il problema di fondo è che la loro efficacia non è sempre dimostrata.

Al di là che siano sotto forma di capsule, sciroppi o polveri, gli integratori alimentari vengono venduti in massa, spesso con troppa leggerezza, e anche quando la loro utilità e sicurezza non è confermata da ricerche scientifiche. Un tema questo scottante.

Diverse ricerche hanno per esempio dimostrato come di frequente negli integratori alimentari siano presenti dosi elevate di additivi potenzialmente dannosi per la salute. E’ il caso del colorante rosso allura che promuove l’iperattività dei bambini o ancora il biossido di titano accusato di essere pro-infiammatorio e dannoso per il sistema immunitario, tanto che la Francia ha deciso di vietarne l’uso negli alimenti e quindi anche negli integratori alimentari da gennaio 2020.

I social sono il canale più utilizzato per sponsorizzare gli integratori alimentari, con slogan accattivanti, donne in splendida forma e uomini super muscolosi.

Il più delle volte questi prodotti promettono di essere 100% naturali ma non basta che gli ingredienti siano di origine vegetale, i preparati ricavati dalle piante per garantire efficacia e sicurezza devono seguire uno specifico iter.

Questo riguarda innanzitutto la qualità della materia prima: la pianta deve essere identificata con certezza (anche con analisi del Dna, quando necessario) e coltivata in maniera adeguata; l’estratto botanico deve essere purificato da eventuali sostanze tossiche e standardizzato, cioè prodotto in modo da garantirne la costanza di composizione dei costituenti, e la stessa titolazione (ossia la concentrazione della classe chimica caratteristica).

Nel giugno del 2019 per esempio sono stati ritirati e richiamati 13 integratori alimentari a base di curcuma e curcumina, il cui consumo è stato correlato a diversi ricoveri per problemi al fegato.

Secondo gli esperti, il 5% delle persone che consumano integratori a base di curcuma hanno riportato problemi al fegato, soprattutto quando sono assunti per più di un mese. Le cause esatte del danno epatico non sono ancora chiare. La tossicità potrebbe essere correlata ad alcuni componenti degli integratori che interagiscono con la curcumina, ma è anche possibile che i prodotti interferiscano con l’azione di alcuni farmaci assunti contemporaneamente agli integratori. La maggior parte dei soggetti colpiti da epatite associata al consumo di curcuma sono donne anziane, che probabilmente assumono anche medicinali e che non riferiscono al medico di prendere integratori.

Ma non bisogna certo demonizzare tutti gli integratori alimentari, l’importante è avere alcune accortezze.

Per prima cosa bisogna diffidare dal passaparola e dai consigli degli amici, sempre meglio rivolgersi al proprio farmacista o al medico di famiglia. Secondo gli esperti bisogna evitare di comprare con leggerezza integratori online, basta informarsi e cercare i riferimenti scientifici relativi all’efficacia e alla sicurezza dei prodotti.

Gli integratori alimentari possono essere validi alleati per la nostra salute se usati in maniera corretta.. uso e non abuso.